In sede fallimentare il giudice delegato decide sull’eccezione di prescrizione del credito tributario maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento

IN SEDE FALLIMENTARE IL GIUDICE DELEGATO DECIDE SULLA ECCEZIONE DI PRESCRIZIONE DEL CREDITO TRIBUTARIO MATURATA SUCCESSIVAMENTE ALLA NOTIFICA DELLA CARTELLA DI PAGAMENTO.

 

L’eccezione di prescrizione dell’obbligazione tributaria, maturata successivamente alla notifica della cartella esattoriale, è devoluta alla giurisdizione ordinaria ed, in caso di fallimento, alla cognizione del giudice delegato.

In tal senso si sono pronunciate le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 34447 del 24 dicembre 2019.

Nella fattispecie l’agente concessionario per la riscossione aveva proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza resa dal tribunale nel giudizio ex art. 98 legge fallimentare di opposizione allo stato passivo del fallimento nel quale aveva presentato domanda di insinuazione di un credito tributario.

Il tribunale aveva, infatti, confermato la statuizione del giudice delegato che aveva ammesso solo parzialmente il credito per tributi escludendo taluni crediti che si erano prescritti successivamente alla notifica di cartelle esattoriali non opposte.

La Prima Sezione della Corte di Cassazione con ordinanza interlocutoria[1] rimetteva la questione alle Sezioni Unite.

La questione, attinente alla giurisdizione, è se rientri nella giurisdizione del giudice delegato in sede di verifica dei crediti e del tribunale in sede di opposizione allo stato passivo, ovvero del giudice tributario (nel qual caso il credito dovrebbe essere ammesso al passivo del fallimento con riserva), giudicare sulla fondatezza dell’eccezione di prescrizione dei crediti tributari sollevata dal curatore, verificatasi successivamente alla notifica della cartella di pagamento.

Per l’agente concessionario della riscossione, il giudice delegato, prima, ed il tribunale investito dell’opposizione, poi, nel dichiarare la parziale estinzione dei crediti erariali per l’avvenuto decorso del termine prescrizionale, avrebbero debordato dai limiti della giurisdizione propria, discostandosi dal principio secondo cui spetta al giudice tributario, che è fornito di giurisdizione sull’obbligazione tributaria, conoscere dell’eccezione di prescrizione, anche se maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento, quale fatto estintivo dell’obbligazione stessa. Per il ricorrente l’eccezione di prescrizione non costituirebbe, infatti, un’ipotesi riconducibile all’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, (che riserva alla giurisdizione del giudice ordinario, e quindi fallimentare, le “controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento”), atteso che la cartella o il sollecito di pagamento non possono essere qualificati come atti dell’esecuzione forzata.

Le Sezioni Unite nella decisione in esame[2] ritengono di non poter dare continuità all’orientamento dalle stesse precedentemente espresso[3] secondo cui qualora, in sede di ammissione al passivo fallimentare, il curatore eccepisca la prescrizione del credito tributario maturata successivamente alla notifica della cartella, viene in considerazione un fatto estintivo dell’obbligazione che involge l’an ed il quantum del tributo, sicché la giurisdizione sulla relativa controversia spetta al giudice tributario, con la conseguenza che il giudice delegato deve ammettere il credito in oggetto con riserva, anche in assenza di una richiesta di parte in tal senso.

Tale orientamento si fonda, infatti, sulla tesi per la quale il giudice tributario, la cui giurisdizione si estende a “tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere o specie” (art. 2 del D.Lgs. n. 546/92), sia l’unico giudice competente a decidere ogni controversia relativa all’an e al quantum del tributo dovuto, ivi compresa la prescrizione del credito tributario maturata successivamente alla formazione del titolo esecutivo racchiuso nella cartella esattoriale[4].

Secondo tale orientamento, quindi, dovrebbe ritenersi riservata al giudice tributario ogni controversia sull’interpretazione ed applicazione delle leggi tributarie tra le quali implicitamente dovrebbero rientrare anche quelle concernenti la ricognizione dei termini legali di prescrizione dei diversi tributi e la verifica in concreto del loro decorso ai fini dell’estinzione di ogni pretesa fiscale, così come in via consequenziale la verifica della eventuale e successiva soddisfazione del credito tributario, sul presupposto che ad essere in discussione sia, in definitiva, pur sempre la debenza del tributo.

Conseguenza di tale impostazione è che la giurisdizione del giudice tributario includerebbe anche la controversia relativa all’opposizione all’esecuzione attuata con il pignoramento presso terzi, quando oggetto del giudizio sia la perdurante fondatezza del titolo esecutivo, non rilevando la formale qualificazione del pignoramento come atto dell’esecuzione[5].

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in esame rilevano, però, che la tesi suesposta non può ritenersi condivisibile alla luce dello stesso art. 2 del D.Lgs. n. 549/92 laddove è previsto che “Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 50, (…)”.

Per le Sezioni Unite la notifica della cartella di pagamento non impugnata (o vanamente impugnata) dal contribuente nel giudizio tributario determina il consolidamento della pretesa fiscale e l’apertura di una fase che, per chiara disposizione normativa, sfugge alla giurisdizione del giudice tributario, non essendo più in discussione l’esistenza dell’obbligazione tributaria né il potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione che è proprio del rapporto tributario[6].

Il processo tributario è un processo “impugnazione-merito” che postula sempre l’esistenza di un atto da impugnare in un termine perentorio che sarebbe inconciliabile con l’opposizione promossa dal debitore che vuole far valere fatti estintivi della pretesa erariale maturati successivamente alla notifica della cartella di pagamento come nel caso per l’appunto della prescrizione.

L’atto da impugnare non potrebbe, inoltre, ravvisarsi nell’estratto di ruolo rilasciato dal concessionario al contribuente su richiesta dello stesso.

Quando la cartella esattoriale è stata notificata e la relativa pretesa è divenuta definitiva, dei successivi fatti estintivi della pretesa tributaria competente a giudicare è il giudice ordinario, quale giudice dell’esecuzione, cui spetta l’ordinaria verifica dell’attualità del diritto dell’ente creditore di procedere all’esecuzione forzata.

In tal senso muove, inoltre, la circostanza che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 114 del 2018, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, comma 1, lett. a), come sostituito dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 16, nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, siano ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c.

Per la Corte Costituzionale “la linea di demarcazione della giurisdizione (è) posta dalla cartella di pagamento e dall’eventuale successivo avviso recante l’intimazione ad adempiere: fino a questo limite la cognizione degli atti dell’amministrazione, espressione del potere di imposizione fiscale, è devoluta alla giurisdizione del giudice tributario; a valle, la giurisdizione spetta al giudice ordinario e segnatamente al giudice dell’esecuzione”; quindi osserva che “E’ questo un criterio di riparto della giurisdizione; ma la sommatoria della tutela innanzi al giudice tributario e di quella innanzi al giudice (ordinario) dell’esecuzione deve realizzare per il contribuente una garanzia giurisdizionale a tutto tondo: in ogni caso deve esserci una risposta di giustizia perchè siano rispettati gli artt. 24 e 113 Cost.”.

Rileva, dunque, la Corte di Cassazione nel provvedimento che ci occupa che, conformemente alla citata sentenza della Corte Costituzionale, la giurisdizione del giudice ordinario deve ritenersi sussistere dunque in tutte le controversie che si collocano “a valle della notifica della cartella di pagamento”, dove non v’è spazio per la giurisdizione del giudice tributario ex art. 2 del D.Lgs. n. 546/92, e l’azione esercitata dal contribuente assoggettato alla riscossione, che non riguardi la mera regolarità formale del titolo esecutivo o di atti della procedura, “deve qualificarsi come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., essendo contestato il diritto di procedere a riscossione coattiva”.

Tra le “altre evenienze che si collocano a valle della notifica della cartella di pagamento, in cui la doglianza del contribuente sia diretta a contestare il diritto di procedere a riscossione coattiva” mediante l’opposizione ex art. 615 c.p.c., la Corte costituzionale menziona espressamente le “ipotesi dell’intervenuto adempimento del debito tributario o di una sopravvenuta causa di estinzione dello stesso per essersi il contribuente avvalso di misure di favore per l’eliminazione del contenzioso tributario, quale, ad esempio, la cosiddetta “rottamazione” (…)” ma, rileva la Cassazione, non v’è ragione di non ricomprendere tra esse anche l’estinzione del credito tributario per intervenuta prescrizione maturata successivamente alla notifica della cartella.

La notifica della cartella esattoriale è, dunque, un dato rilevante ai fini della giurisdizione determinando il sorgere della giurisdizione del giudice ordinario, l’unico competente a giudicare dei fatti, successivamente intervenuti, estintivi e modificativi del credito tributario cristallizzato nella cartella.

Per la Cassazione, pertanto, il giudice delegato ed il tribunale in sede di opposizione allo stato passivo non hanno debordato dalla giurisdizione propria, avendo la procedura fallimentare natura di procedura esecutiva concorsuale, ed essendo nel procedimento di verifica del passivo che vengono definite le questioni inerenti i fatti sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo posto a fondamento del credito insinuato[7].

Concludendo, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza in oggetto, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “ove, in sede di ammissione al passivo fallimentare, sia eccepita dal curatore la prescrizione del credito tributario maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento, che segna il consolidamento della pretesa fiscale e l’esaurimento del potere impositivo, viene in considerazione un fatto estintivo dell’obbligazione tributaria di cui deve conoscere il giudice delegato in sede di verifica dei crediti e il tribunale in sede di opposizione allo stato passivo e di insinuazione tardiva, e non il giudice tributario”.

 

Leonardo Vecchione

Avvocato in Roma

[1] Cfr. Cass. civ. Sez. I, Ord., 24 luglio 2019, n. 20050.

[2] Cfr. Cass. Civ. Sez. Unite, Sent., 24 dicembre 2019, n. 34447.

[3] Cfr. Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 13 giugno 2017, n. 14648; nello stesso senso v. Cass. civ. Sez. I, Ord., 11 giugno 2019, n. 15717 e Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 21 ottobre 2015, n. 21483.

[4] Cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 19 novembre 2007, n. 23832 richiamata da Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 13 giugno 2017, n. 14648 e da Cass. civ. Sez. Unite, 19 novembre 2007, n. 23832.

[5] Cfr. Cass. civ. Sez. Unite Sent., 05 luglio 2011, n. 14667.

[6] Per Cass. civ. Sez. Unite Sent., 26 marzo 2013, n. 7526, la giurisdizione tributaria non ricorre allorquando non sia in discussione l’obbligazione tributaria, né il potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione, proprio del rapporto tributario, in quanto non tutte le controversie nelle quali abbia incidenza una norma fiscale si trasformano in controversie tributarie di competenza delle relative commissioni.

[7] Nell’esecuzione individuale, invece, le questioni inerenti ai fatti sopravvenuti alla formazione del titolo, quali ad es. la prescrizione, l’adempimento o la rottamazione, vengono fatte valere con lo strumento dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.